La ricerca delle conferme alle nostre teorie porta allo scontro, menti aperte uniscono

Al tg passa l'ennesimo caso di omicidio stradale, alla guida un marocchino ubriaco. Armeggio col telefono e intanto guardo la tv distratto. Ho 15 anni. Negli ultimi 5 mi hanno tartassato cercando di convincermi che in Italia sta avvenendo un invasione di immigrati, e che la maggior parte sono criminali, stupratori, alla meglio ladri di lavoro. Mi hanno quasi convinto. E adesso quella notizia. Marocchino. Allora si', quei tipi che urlano dai palchetti improvvisati dovranno avere ragione.

Volevo vedere qualcosa. L'ho vista. Quell'assassino era marocchino. Per tornare allo stato precedente, quello dove ero quasi convinto, mi serviranno almeno dieci casi di omicidi con italiani alla guida, e poi magari cinque occasioni in cui una persona dall'accento diverso dal mio mi si mostrera' cordiale. Ma non mi sforzero' minimamente a cercarli e, se proprio dovesse capitare che mi cada un quaderno dallo zaino e lo raccolga il bengalese del negozio qua davanti, non gli daro' la stessa enfasi, lo stesso peso.

Quando creo una mia affermazione, una mia opinione, faccio di tutto per captare i segnali che la confermano ed evitare il piu' possibile quelli che la confutano. Non succede solo al nostro giovane razzista, ma anche dalla parte opposta. Questo processo alimenta un circolo vizioso che tende sempre di piu' a polarizzare le opinioni. E allora? Ci arrendiamo, gettiamo la spugna e iniziamo a cercare di convincere gli altri delle nostre credenze? Cerchiamo chi la pensa come noi (o chi e' convincibile) per radicalizzarci, riconoscerci e fare fronte comune?



No, un'arma per fortuna c'e': la consapevolezza. Un comportamento intelligente e razionale non e' quello di rifiutare ideologie o opinioni, al contrario coltivare idee e interpretazioni avendo la consapevolezza che potrebbero essere sbagliate e quindi cercando in tutti modi di evitare di innescare il meccanismo mortale del "cerco cio' che conferma, lo trovo e quindi ancor piu' confermo" il cui fine ultimo e' lo scontro, la guerra.

Ma per arrivare ad una consapevolezza, ad una apertura mentale costante e accettabile, e' necessaria una formazione che deve passare anche (e secondo me soprattutto) dall'aspetto matematico.

E' necessaria un'educazione alla probabilita'.
In che modo? A grandi linee (e massimi sistemi) cosi'.



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